Può valere la pena di prendere le mosse da un fatto inusuale, e proprio per questo motivo, molto interessante. Prima dello sciopero del 16 giugno nel settore dei trasporti aerei, ferroviari, locali e nella logistica è arrivata ai sindacati che lo hanno indetto una comunicazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che sarebbe sollazzevole se non fosse indegna e che si caratterizza per uno stile vagamente surreale. La comunicazione riguarda lo sciopero del 16 giugno e, fra l’altro, afferma:
“(…) A riguardo si rileva come l’addensamento degli scioperi in parola, in una giornata caratterizzata da un intenso flusso di traffico turistico, desta notevoli preoccupazioni ai fini della garanzia di mobilità dei cittadini. Si invitano pertanto codeste associazioni, facendo affidamento al senso di responsabilità già manifestato in analoghi frangenti, a desistere dalle azioni di sciopero proclamate al fine di evitare disagi alla collettività e all’intero sistema del trasporto (…)[!] Il capo gabinetto Mario Bonaretti”
Traducendo dal linguaggio di legno della burocrazia ministeriale all’italiano il testo, il messaggio è chiaro: c’è il rischio, il serio rischio, viste le lotte dell’ultimo periodo e l’allargarsi della mobilitazione, che lo sciopero abbia successo e, considerando che, dal punto di vista del governo, gli unici scioperi accettabili sono quelli inutili se non dannosi ai lavoratori, per ora vi invitiamo, poi si vedrà, a ritirare lo sciopero del 16 giugno.
Un approccio insinuante che preannunciava di peggio e che, comunque, non ha intimorito affatto i compagni che si stavano spendendo per la riuscita dello sciopero ed anzi li ha confermati nel convincimento delle ragioni e dell’efficacia dello sciopero stesso.
Al Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti si è aggiunto il Presidente dell’Autorità di garanzia per gli scioperi, Giuseppe Santoro Passarelli che il 15 giugno ha dichiarato:
“Pur se pienamente legittimo, l’ennesimo sciopero proclamato per domani 16 giugno da alcuni sindacati autonomi mette in evidenza come negli ultimi tempi la moltiplicazione degli scioperi, con gravi pregiudizi per il diritto alla mobilità degli utenti, dipenda in buona misura dall’elevata frammentazione delle sigle sindacali spesso dotate di scarsa rappresentatività (…) indipendentemente dall’effettivo tasso di adesione dei lavoratori, questi scioperi possono infatti cagionare l’interruzione dei servizi di trasporto aereo, ferroviario, marittimo e pubblico locale con disagi ancor più gravosi per i cittadini, quando la giornata di sciopero coincide con la fine della settimana lavorativa.”
Il buon Giuseppe Santoro Passarelli, in altri termini, ha sollevato questioni sulle quali si scatenerà, nel corso dello stesso sciopero del 16 giugno la polemica mediatica.
Nasce la domanda delle ragioni di tanta preoccupazioni. È, a mio avviso, assolutamente evidente che al governo stavano giungendo segnali sul fatto che si era di fronte ad una mobilitazione che avrebbe avuto un impatto effettivo e che avrebbe posto gravi problemi politici e sociali.
D’altro canto, uno sciopero dei trasporti, di tutti i trasporti, e della logistica era un fatto mai visto, un salto, per un verso, di maturità politica, pur fra mille debolezze, tentennamenti e difficoltà, nell’area del sindacalismo di base e, soprattutto, un’iniziativa che dava spazio e strumenti di affermazione ad uno scontento sociale crescente, un felice intreccio fra iniziativa di minoranza e bisogno di azione di massa.
Ovviamente il 16 i compagni che avevano lavorato allo sciopero e che erano impegnati sul campo cercavano di avere un quadro della situazione.
Le difficoltà erano molte, proprio in Alitalia, ad esempio, che era stata l’azienda da cui era nato l’appello allo sciopero e che vi arrivava sull’onda di scioperi aziendali riusciti e di un referendum vinto in misura notevolissima, l’azione dell’avversario è stata forte, si sono usati il bastone, 2300 comandati al servizio, un numero spropositato e senza precedenti, e la carota, facendo concessioni al personale di volo per spezzare il fronte.
Nonostante ciò l’azienda è stata costretta a sospendere 190 voli, se i piloti non hanno scioperato, lo hanno fatto molti membri del personale viaggiante, lo stesso taglio degli organici ha permesso di fermare gli aerei con un numero anche limitato di scioperanti e di praticare la vecchia e sempre nuova arma del boicottaggio visto che, grazie alla normativa sulla sicurezza nel trasporto aereo, bastava applicare puntualmente le regole per determinare ritardi di ore nelle partenze.
Nel trasporto pubblico locale, un altro punto di grande delicatezza, USB non ha scioperato anche se lo hanno fatto molti suoi iscritti come molti iscritti di CGIL, CISL, UIL ed era proprio il settore dova la discesa in campo di USB avrebbe avuto una più che discreta rilevanza. Una scelta “comprensibile” in una logica aziendale, una scelta dettata dal timore di perdere di visibilità in una mobilitazione grande ed importante ma una scelta miope e che non ha saputo cogliere le prospettive che si sono aperte con la riuscita dello sciopero.
Pure il trasporto pubblico locale ha visto massicce adesioni allo sciopero a Firenze, Milano, Reggio Emilia, Venezia e in altre città e, soprattutto, il blocco totale di Roma dove lo sciopero è stato animato da un comitato locale sviluppatosi a livello aziendale.
Un fatto che meriterebbe una riflessione, già nel corso della grande manifestazione dei trasporti del 27 maggio, accanto agli spezzoni, numerosi e vivaci, di CUB e USB e a quelli di altri soggetti di minor consistenza, vi era una forte e visibile presenza di gruppi di lavoratori autorganizzati che non sono riconducibili immediatamente ai sindacati di base esistenti.
Un mondo che non è assimilabile al singolo lavoratore di CGIL CISL UIL USB che si ribella ai propri capi e sciopera ma che esprime una propria identità e organizzazione e una propria capacità d mobilitazione.
Su questo fatto si dovrà tornare, se il sindacalismo di base non riesce a intercettare e a dare voce e strumenti a queste esperienze si tratta forse di rivedere molte questioni e di aprire un confronto serrato con quanto c’è fuori dal sindacalismo di base stesso.
Lo sciopero vedeva adesioni importanti anche nelle ferrovie, che pure hanno appena firmato il contratto, e nella logistica con l’effetto che è stato veramente quello sciopero generale dei trasporti che, forse un po’ ambiziosamente, è stato annunciato.
Ascoltando le dichiarazioni seguite allo sciopero non può non venire in mente “Dotti, medici e sapienti” di Edoardo Bennato:
E nel nome del progresso
il dibattito sia aperto,
parleranno tutti quanti,
dotti medici e sapienti.
…………………………..
Al congresso sono tanti,
dotti, medici e sapienti,
per parlare, giudicare,
valutare e provvedere,
e trovare dei rimedi,
per il giovane in questione.
Partiamo da Annamaria Furlan, segretaria della CISL che, per la verità, fa notizia solo quando tace: mi scuso per la lunghezza della citazione ma, a mio avviso, merita:
“Lo sciopero di oggi nel settore dei trasporti è davvero un grande mistero. È evidente che è uno sciopero inutile e dannoso per le cittadine e per i cittadini. Scioperare per confermare il diritto di sciopero in un paese che lo tutela già in maniera chiara, è incomprensibile. È tra l’altro inutile scioperare per la situazione di Alitalia. È il secondo danno che Cub e Cobas fanno su Alitalia. Il diritto di sciopero è una cosa seria e come tale va trattato. Ma bisogna avere obiettivi chiari e rivendicazioni serie. È evidente che sui servizi pubblici bisogna mettere mano alla legge sullo sciopero: sigle che rappresentano una piccola minoranza di lavoratori non possono bloccare il paese. Sono assolutamente d’accordo con il Commissario di Alitalia Gubitosi: è da irresponsabili in un venerdì estivo fare sciopero all’Alitalia sapendo, tra l’altro, le condizioni dell’ azienda e lo sforzo che si sta facendo per rimetterla in sesto. È assolutamente negativo per l’impresa e per i lavoratori e soprattutto per il turismo. Non è abusando di uno strumento così importante e delicato come lo sciopero nei servizi pubblici che si portano a casa risultati. Anzi è l’esatto contrario: si danneggia l’immagine del sindacato e si portano a casa solo difficoltà inutili per la gente e per gli stessi lavoratori.”
Insomma la signora in questione ci informa che il diritto di sciopero è tutelato – come ben sanno i lavoratori e le lavoratrici che sono sottoposti alla legislazione antisciopero – e che i sindacati di apposizione vanno bastonati senza tante storie. Come si tenga la valutazione sulla loro/nostra irrilevanza e l’adesione di massa agli scioperi è comprensibile solo a chi, come la Furlan pensa che il proselitismo un sindacato serio lo fa solo vendendo servizi e garantendosi il monopolio della rappresentanza.
Più asciutta e, per certi versi, più puntuale la sua competitrice e sorella Susanna Camusso, segretaria generale della CGIL:
“Penso che il tema non sia quello della legge e del diritto di sciopero che va salvaguardato, peraltro ricordo che è un diritto costituzionale in capo ai singoli lavoratori anche se organizzato collettivamente, il tema è che finalmente il Governo si decida a fare la legge sulla rappresentanza e per questa via determinare chi ha rappresentanza e credibilità fra i lavoratori”.
In pratica, per chi non lo avesse chiaro, si tratta della proposta, di trasformare in legge l’accordo del 10 gennaio 2014 in modo da sanzionare i sindacati e i lavoratori che si opporranno agli accordi siglati da CGIL CISL UIL e sodali, una che eviterebbe il rischio di anticostituzionalità presente in molte proposte in stile Furlan.
Ridiamo la parola all’esimio Garante per gli scioperi Giuseppe Santoro Passarelli che il 17 e quindi ex post, sullo sciopero del 16 afferma in due interviste a Corriere della Sera e Messaggero:
“(…) è legittimo, nel senso che osserva le regole che noi controlliamo. Il problema è che queste regole non sono più adeguate né sufficienti, serve un intervento del legislatore per impedire che a un sindacatino sia consentito di bloccare un servizio o peggio un’intera città, cittadini e utenti sono ormai imbestialiti e hanno perfettamente ragione. Siamo di fronte a una proliferazione degli scioperi perché una moltitudine di piccole sigle sindacali può proclamare l’invito all’astensione del lavoro. Per evitarlo serve un intervento normativo, che aggiorni e disciplini meglio la legge. Va stabilito il principio che non tutte le sigle sindacali possono proclamare lo sciopero, ma soltanto quelle che hanno una certa consistenza. La soglia potrebbe essere, per esempio, una determinata percentuale di iscritti.”
In altri termini, “rappresentativo” sarebbe un sindacato che, grazie a risorse fornite da governo e padroni, conquista iscritti garantendo servizi e protezione ai lavoratori atomizzati e non un sindacato che, operando in condizioni difficilissime, da voce ai lavoratori quando agiscono collettivamente. Tutta la miseria della democrazia rappresentativa riportata in campo sindacale.
Per concludere questo concerto di ragli, vale la pena di sentire, brevemente, anche Matteo Renzi:
“Gli italiani saranno arrabbiati per lo sciopero dei trasporti. Devo dire che nei mille giorni non abbiamo regolamentato il diritto di sciopero per evitare che le piccole sigle mettano in ginocchio il Paese, di solito di venerdì. Sul diritto di sciopero nessuna discussione ma sul fatto che si potesse regolamentare meglio potevamo fare qualcosa di più.”
Ovviamente la questione delle libertà sindacali andrà affrontata con forza e determinazione. Tornando allo sciopero credo che, sinteticamente, si possa affermare che:
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nella sua genesi e nel suo svolgimento si è compiutamente dispiegata la questione della forza, lo sciopero non come rituale, non come sfilata, non come momento, magari positivo, di propaganda di posizioni, ma nel suo senso più profondo di atto di guerra;
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intorno alla forza, per costruire la forza, nel percepirne lo sviluppo vi è stata un’ancora incompleta unificazione, nell’azione, del sindacalismo di base e una sua capacità di aggregare forze che non gli sono riconducibili. Quello che non si sarebbe ottenuto con mille richiami all’unità, con mille denunce del settarismo, con i buoni sentimenti, si è ottenuto con l’azione;
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chi il 16 giugno non ha sostenuto lo sciopero si è assunto una gravissima responsabilità politica. Nessun anatema, ma necessità di chiarezza e di una battaglia politica nel senso più nobile del termine;
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chi ha sostenuto lo sciopero del 16 giugno a malincuore, frapponendo ostacoli, ponendo problemi che non era il caso di porre in questo momento dovrà ben ragionare sulle necessità e sulle priorità dell’oggi.
In ogni caso, da questa mobilitazione potrà, starà a noi, favorirlo, crescere una consapevolezza e una disponibilità all’azione che saranno preziose nelle lotte dell’autunno che ci attende.
Cosimo Scarinzi